lunedì 25 giugno 2018

Le dee dentro la donna - Una nuova psicologia femminile, Jean Shinoda Bolen

Eccomi di ritorno da una splendida vacanza in Francia! In un'isolata spiaggia alle porte della Camargue ho letto le ultime pagine di questo bel saggio "Le dee dentro la donna - Una nuova psicologia femminile".



Protagonista la psiche di noi donne (ma penso proprio che leggerò anche il corrispettivo maschile "Gli dei dentro l'uomo" sempre della stessa autrice), osservata attraverso i modelli archetipici più comuni che la caratterizzano e, in questo libro, identificati con alcune divinità greche.


Ogni donna è il personaggio principale nell'intreccio rappresentato dalla storia della propria vita. Come psichiatra ho ascoltato centinaia di storie e mi rendo conto che in ognuna sono presenti dimensioni mitiche (...) mi sembra che [ le donne ] cerchino l'aiuto del terapeuta per imparare a essere migliori protagoniste o eroine della loro storia personale. Ma per questo occorre che facciano scelte consapevoli, scelte che daranno un'impronta precisa alla loro vita. Così come un tempo non si rendevano conto dei potenti effetti che gli stereotipi culturali esercitavano su di loro, oggi possono non avere coscienza delle potenti forze interne che le condizionano nelle azioni e nelle sensazioni. È di queste forze, sotto forma di divinità femminili dell'antica Grecia, che intendo parlare in questo libro.
Nell'opera abbiamo:
- le tre dee vergini Artemide (dea della caccia e della luna), Atena (dea della saggezza e dei mestieri) e Estia (dea del focolare e del tempio) a personificare gli aspetti di indipendenza, di attività e di capacità di concentrarsi su sé stesse tipici di una donna;
- le tre dee vulnerabili Era (dea del matrimonio e archetipo della moglie), Demetra (dea delle messi e archetipo della madre) e Persefone (regina del mondo sotterraneo e archetipo della figlia) che impersonano i ruoli tradizionali della donna in un rapporto e hanno tutte in comune uno stato di attenzione diffusa verso l'altro;
- Afrodite (dea dell'amore e della bellezza) che rappresenta il piacere di una donna per l'amore (non solo per un uomo ma anche per un lavoro, un oggetto, un'opera artistica), la bellezza, la sessualità e la sensualità, le funzioni creative e procreative di una donna.

Personalmente, ho trovato quest'opera molto interessante per comprendere come la mente umana possa avere impulsi anche opposti e a volte contrastanti. Può essere un utile strumento per imparare a conoscersi meglio ed aiutarci a comprendere qualcosa di più sui nostri desideri reali.

Mi piace anche il capitolo finale intitolato "L'eroina che è in ogni donna", lo trovo epico e avvincente, nonostante il libro in questione sia un saggio.
Nell'unica lezione di un corso universitario di economia che ricordo con vivezza, e che negli anni ho trovato applicabile alla psichiatria, si diceva che il vero prezzo di qualsiasi cosa è dato da ciò a cui rinunciamo per ottenere quella cosa. È la strada che non abbiamo preso. Assumersi la responsabilità di fare la scelta è fondamentale e non sempre facile. Ciò che definisce l'eroina è il fatto che lei lo fa.
Buona lettura anche ai maschietti... Sia mai che arrivino a capire qualcosa di più su di noi e le nostre (per loro) imprevedibili sfaccettature!!! 

martedì 12 giugno 2018

La casa nella prateria, Laura Ingalls Wilder

Chi non ricorda la serie televisiva "La casa nella prateria"?
Quale gioia per me scoprire, in gran ritardo, che quella serie era tratta dai romanzi semi-autobiografici di Laura Ingalls Wilder!



Nonostante la rivelazione, ancora adesso, appena pronuncio il nome della scrittrice, mi balza alla mente la ragazzina tutta lentiggini e incisivi sporgenti, che nonostante l'abito da bambola e le lunghe trecce castane, correva a perdifiato tra le strade polverose di Walnut Grove.

In Italia, questo libro ed i successivi (che fanno tutti parte della serie Little House) sono stati tradotti e pubblicati da Gallucci editore.

Malgrado "La casa nella prateria" venga proposto ad un pubblico di lettori in erba, tra i 6 e 9 anni di età, io ne consiglio la lettura anche agli adulti. Il testo, scritto in maniera semplice e lineare, affascina da un punto di vista storico, poiché descrive gli eventi che caratterizzavano la vita delle famiglie di pionieri americani, in lotta ogni giorno per la sopravvivenza: l'abilità di costruire velocemente una casa in legno per proteggersi dai lupi, i primi incontri con gli indiani, il rischio di uscire a caccia da soli o di mettersi in viaggio per la città più vicina, ecc.
Mi ha colpito particolarmente la capacità delle persone di riuscire a realizzare tutto quello di cui avessero bisogno ed il confronto con la nostra società dalla manualità rattrappita. Immaginiamo, per magia, che l'uomo moderno venga catapultato nelle sconfinate praterie americane di fine diciannovesimo secolo... Chissà se riuscirebbe a sopravvivere!

Il giorno seguente Laura e Mary si alzarono prima che sorgesse il sole. Fecero colazione con polenta di mais e sugo di gallina, poi corsero ad aiutare mamma a lavare i piatti. Papà stava caricando tutto il resto sul carro e attaccando Pet e Patty.
Al sorgere del sole il carro attraversò la prateria. Non c'era più il sentiero. Pet e Patty si facevano strada tra l'erba alta e il carro lasciava dietro di sé solo le tracce delle sue ruote.
Prima di mezzogiorno papà fece: «Oooh!» e il carro si fermò.
«Ci siamo, Caroline! È qui che costruiremo la nostra casa».
Laura e Mary scavalcarono la mangiatoia e scesero in fretta a terra. Tutto intorno non c'era altro che prateria, che si estendeva fino a incontrare il cielo.
Se avete voglia di una lettura distensiva e, come me, amate leggere i libri per ragazzi, questo romanzo fa per voi! 

martedì 5 giugno 2018

L'aggressività femminile, Marina Valcarenghi

A Padova, sul muretto che circonda la Basilica di Sant'Antonio, mi sono seduta e ho terminato di leggere questo bel saggio: scheda del libro e dettagli.



Non si tratta sicuramente di una lettura semplice, ma molto affascinante. Anche la stesura di questo articolo, devo ammetterlo, è risultata più complicata del previsto, dato che il libro offre davvero mille spunti di riflessione. Mi è piaciuto il tema affrontato perché mi ha introdotto al concetto di psicologia sociale, che non conoscevo, e alla scoperta di alcuni tratti della mia personalità che, a quanto pare, sono comuni a molte donne (forse tutte?!).


L’aggressività

Partirei dal titolo, per chiarire subito l’equivoco che può nascere dal termine “aggressività”. In questo volume, l’autrice intende per aggressività “quell'istinto che guida a riconoscere, ad affermare e a proteggere la propria identità” e non, come si intende nel linguaggio corrente, l’impulso che spinge ad aggredire lo spazio altrui.

A grandi linee:
✽ Aggressività ⟶ Ho fame, mangio una mela.
✽ Aggressione ⟶ Ho fame, rubo la mela ad un'altra persona.

Nella realtà, il confine tra violenza e autodifesa è davvero labile. Vivendo in una società, il nostro impulso aggressivo viene sovente controllato (o dovrebbe esserlo) da codici etici di comportamento e dalla coscienza individuale. Tornando all'esempio precedente:

✽ Limitazione dell’aggressione ⟶ Ho fame, chiedo ad una persona se divide con me la sua mela.
L’aggressività umana è malata e oscilla fra due poli altrettanto distruttivi, la repressione o la rimozione da una parte e l’aggressione dall'altra o, in altre parole, fra l’incapacità di difendere il proprio territorio e l’incapacità di riconoscere il territorio altrui.

La repressione dell’aggressività femminile e sue conseguenze

Secondo l’autrice, nei secoli si è verificata una soppressione dell’istinto aggressivo in tutte le donne; un istinto che in tempi molto lontani ebbe probabilmente libertà di espressione, insieme ad un modo tutto femminile di stare al mondo.
Io non riesco, io non posso, io non ho il coraggio, io ho paura, io mi vergogno, io non sopporto, io non ho il diritto… L’analisi delle donne, è attraversata da questa impotenza, nelle sue forme più svariate.  
Altre donne mi comunicano con fierezza comportamenti apparentemente aggressivi: (…) In questi casi si esterna, ma non ci si difende; infatti la situazione non cambia o peggiora.
Ho avuto modo di osservare come il deficit aggressivo si associ spesso a manifestazioni chiassose, a comportamenti collerici, in certi casi persino violenti. Per questo motivo molte donne si sentono giudicate aggressive e credono esse stesse di esserlo, mentre reagiscono in modo scomposto e inefficace alla loro impotenza.

Perché, in tempi lontani, quando ancora esisteva in Europa un'organizzazione matriarcale della società, l’aggressività femminile venne repressa? Probabilmente per necessità evolutiva, teorizza l’autrice, un comportamento istintuale messo in atto inconsciamente per la salvaguardia della specie.

Ovviamente il blocco di un istinto porta a delle conseguenze, sia a livello individuale sia a livello sociale, soprattutto quando, come in questo caso, la repressione si è protratta nei secoli (almeno fino a qualche decennio fa). Ecco cosa si può manifestare:
  • la repressione del desiderio → il deficit aggressivo rende difficile riconoscere i propri desideri;
  • l’abitudine → l’istinto si abitua a non esprimersi e si adegua alla non-espressione;
  • il senso di colpa;
  • l’insicurezza;
  • l’autoaggressività → quando l’aggressività istintiva non trova sbocchi, può implodere;
  • l’aggressività vicariata → quando l’aggressività istintiva sfocia in un ambito dove si possa manifestare (ad es. nella cura eccessiva dei familiari);
  • I sintomi di carattere depressivo – come ad esempio il vittimismo, l’autosvalutazione, l’autocommiserazione –  e maniacale – invidia maligna, isteria, iperattivismo, ecc.
Marina ValcarenghiL'aggressività femminile, Bruno Mondadori, Milano 2008

Conclusioni

La rimozione dell’istinto aggressivo femminile, necessaria in tempi remoti, ora non lo è più. Dalla metà del secolo scorso, le donne stanno cercando di riprendere il loro potere, ma muovendosi in una società con regole e consuetudini create dagli uomini per gli uomini.
In questo modo si ottiene solo che le donne assomiglino sempre di più agli uomini e che progressivamente si vada verso l’egemonia di un catastrofico genere neutro di cui si cominciano a intravedere i sintomi.
Il genere neutro potrebbe nel tempo costituire il punto d’arrivo di un’informe aspirazione all'uguaglianza sessuale che si vede serpeggiare nella nostra cultura sia politica, sia aziendale, sia multimediale.

Devo dire che mi trovo particolarmente d’accordo con le parole dell’autrice. Il genere neutro cosi come si prospetta rischia di non soddisfare nessuno: sarebbe un peccato se le donne dovessero rinunciare ad esprimere tutti quei talenti femminili che fino ad oggi, senza la spinta ed il sostegno dell'istinto aggressivo femminile, sono rimasti sommersi.
Sarebbe davvero arrivato il tempo di restituire riconoscimento e autorità all'intelligenza femminile, alla sua sapienza e all'energia aggressiva in grado di gestirla. 

Se desiderate avere approfondimenti su qualche tema appena sfiorato, lasciate un commento o contattatemi! Affronterò in maniera più dettagliata l’argomento.

sabato 2 giugno 2018

L'importanza di essere sé stessi: "Il coraggio di ogni giorno" di Hermann Hesse

Oggi dobbiamo ringraziare Katia, che, dopo aver letto il libro di Hesse, ha esaudito la mia richiesta ed inviato questa bella recensione. Leggetela, e poi vediamo se anche voi, come me, non vedete l'ora di trovare conforto nelle parole di questo grande scrittore.



“Il coraggio di ogni giorno” è un volumetto di poco più di 150 pagine (Oscar Mondadori, Prima edizione: 1990), una raccolta di scritti autobiografici, lettere e poesie dello scrittore, filosofo, poeta e pittore tedesco Hermann Hesse (1877-1962). I brani scelti coprono tutta la sua vita, dal periodo dell’adolescenza (segnato dal rapporto conflittuale col padre, da un tentato suicidio e dal ricovero in una casa di cura) alla maturità ed hanno come filo conduttore il tema dell’individuo che, rifiutando di conformarsi ai valori dominanti della società, modella se stesso ed il proprio destino in base a criteri assolutamente personali. 
Se si va sul web a curiosare tra le recensioni si vedrà come i giudizi siano diametralmente opposti:  c’è chi considera questo libro meraviglioso e chi lo reputa di una noia assoluta (se qualcuno di voi l’ha letto può condividere il suo pensiero nei commenti).
Personalmente ritengo che il giudizio possa variare a seconda del momento in cui lo si legge e della disposizione d’animo con cui lo si affronta: può risultare pesante o incredibilmente bello, ma di certo è un libro che non si dimentica, che rimane dentro. Un volume che sì, può restare abbandonato nella libreria anche per molto tempo, ma, prima o poi, di certo se ne sentirà il richiamo, anche solo per leggerne (o rileggerne) alcune pagine.

Io l’ho letto tre volte, e mai il mio giudizio è stato univoco. Ovviamente si può non essere d’accordo con tutti i pensieri dell’autore; il libro non può essere definito un capolavoro, ma dopotutto non pretende di esserlo. E’ un libro breve, ma intenso; di quelli che, qualunque possa essere la nostra opinione in merito, è bello tenere tra le mani, girarne piano le pagine, sentire la profondità dei pensieri farsi spazio e trovare un posto nella mente; pensieri che magari un giorno ci torneranno alla memoria, quando sentiremo il bisogno di parole forti e vere, perché di coraggio ce ne vuole, quotidianamente, nel privato e nella società, nelle grandi cose così come in quelle piccole, sempre tenendo presente che nel nostro cammino di vita la sfida più ardua e importante, alla fine, rimane quella con noi stessi.

Di seguito un breve estratto:

Naturalmente esistono moltissime persone che hanno una vita assai più facile e che in apparenza, o in realtà, sono “più felici”; ma solo chi è privo di una spiccata individualità non conosce problemi. Per noi altri non ha senso confrontarsi con loro: dobbiamo vivere la nostra propria vita, cioè qualcosa di nuovo e di unico, il che è sempre difficile, ma pur sempre bello. Non esistono norme per la vita, a ciascuno si pone un compito diverso, irripetibile, e del pari non esiste una inattitudine innata e predeterminata alla vita: anche il più debole e povero può condurre un’esistenza dignitosa e autentica al proprio posto, e rappresentare qualcosa per gli altri, per il solo fatto di aver accettato il proprio ruolo nella vita pur non avendolo scelto, cercando di realizzare il proprio compito speciale. (…) Certo, è giusto criticare e condannare una singola azione di cui ci si sia pentiti, ma non si deve giudicare se stessi, la propria posizione nel mondo, in modo mortificante; bisogna invece accettare ciò che si è ricevuto da Dio, tanto i doni che le mancanze, dir loro di sì tentando di trarne il meglio. Con ciascuno di noi Dio ha tentato qualcosa, ha inteso realizzare un suo progetto e noi siamo suoi antagonisti se non lo accettiamo e non lo aiutiamo a realizzarlo.