domenica 21 ottobre 2018

Un libro del cuore: Cent'anni di solitudine, Gabriel Garcia Marquez

Non mi basterebbero cent'anni di solitudine per leggere e rileggere tutti i libri che mi passano per la testa! Però questo capolavoro di Marquez prima o poi lo voglio davvero rileggere.
Me ne avevano parlato benissimo e con entusiasmo diverse persone. Ricordo di averne cominciato la lettura più volte (almeno cinque o sei); purtroppo ogni volta mi bloccavo. Capivo che non era il momento. Per fortuna a volte nella vita incontriamo libri, e persone, che hanno la pazienza ed il buon senso di attenderci fino a quando noi saremo pronti per loro. Con nostro stupore (e loro felicità!), un bel giorno i tempi arriveranno a maturazione. Ad esempio, in una giornata qualsiasi, mentre scorreremo i volumi della libreria di casa, ci imbatteremo nuovamente in quel titolo, soffermeremo i nostri occhi sulla copertina e ci chiederemo se il momento giusto sia arrivato. A quel punto leggeremo con attenzione l'incipit e... si! Quale gioia! Ci tufferemo con entusiasmo nella lettura di quelle pagine, come se per la prima volta qualcuno ce ne avesse mostrato la chiave di lettura o la sintonia giusta che stavamo aspettando.

Nel mio caso, quel momento con quest'opera straordinaria di Marquez avvenne più di vent'anni fa. Ricordo bene che mi piacque moltissimo, tanto che iniziai a leggere tutti gli altri libri dell'autore, ma non so dirvi molto a proposito. Mi affido piuttosto a Grazia che l'anno scorso lo portò a noi del gruppo lettura come suo libro del cuore. 
Vi riporto il suo commento qui di seguito.




TRAMA (Trama tratta da: “La nuova Enciclopedia della letteratura” Garzanti Ed.)
"Cent'anni di solitudine" (1967) romanzo di G. Garcia Marquez è la storia centenaria della famiglia Buendía e della città di Macondo (luogo immaginario della Colombia). In un intreccio di vicende favolose, secondo il disegno premonitorio tracciato nelle pergamene di un indovino, Melquiades, si compie il destino della città, dal momento della sua fondazione quasi mitica, da parte del capostipite José Arcadio e della moglie Ursula, alla sua momentanea e disordinata fortuna, quando i nordamericani vi impiantano una ricchissima piantagione di banane, fino alla sua rovina e definitiva decadenza. La parabola della famiglia segue la parabola di solitudine e di sconfitta che sta scritta nel destino di Macondo, facendo perno sulle 32 guerre civili promosse e tutte perdute dal colonnello Aureliano, padre di 17 figli illegittimi, per descriverci in una successione paradossale le vicende e le morti dei vari Buendía è riassunta, in forme allusive e fantastiche, di grande varietà inventiva, la condizione di quasi inevitabile alienazione e abbandono di tutta l’America latina.   

In una lotta a morte tra un amore smisurato e una codardia invincibile, finalmente aveva trionfato il timore irrazionale che Amaranta aveva avuto sempre per il proprio tormentato cuore.

PERCHÉ LEGGERE “CENT’ANNI DI SOLITUDINE"
Consiglio “Cent'anni di solitudine” perché GGM, il mio affabulatore preferito, ogni volta mi trasporta nel suo mondo surreale e pittoresco, affollato di bellezza, bruttezza, splendore, orrore. È una saga improbabile ma che ti porta il sapore di un mondo lontano nel tempo, nella storia, nella leggenda, nell'amore, nella fisicità del tutto primordiale dei protagonisti.
Poi il Nobel gli è stato assegnato nel 1982, anno di nascita di uno dei miei figli.
Inoltre, per caso, ho letto su Le scienze un articolo a rubrica "Il matematico impertinente", di Piergiorgio Odifreddi, che riesce a raccordare il romanzo di GGM proprio ad una materia intrinsecamente logica come la matematica! Avvincente!
E leggendo questo accostamento insolito mi sovviene un ricordo indelebile: una lectio magistralis di Umberto Eco di dieci anni fa circa, alla facoltà di matematica di Milano, a cui assistetti per caso grazie ad una figlia universitaria, dove, con la consueta elegante ironia, il prof. Eco accostava la storia alla matematica, dando prova della sua eccellente apertura mentale ad ogni campo degli studi umani.
Nell'articolo che ho citato prima “La matematica a Macondo”, il prof. Odifreddi definisce il romanzo “la Bibbia del realismo magico sudamericano” e siccome, dice, contiene di tutto, dovrebbe contenere anche la matematica.
Ecco dove:
“Josè Arcadio Buendia prese l'iniziativa e cercò di distruggere la fede del sacerdote con martingale razionaliste”
“Josè Arcadio Secondo divenne in pochi mesi così abile a inanellare martingale teologiche da confondere persino il diavolo”
Dice Odifreddi che nello spagnolo colloquiale martingala significa trucco o sofisma, ma il termine introdotto in Francia nel 700 indicava il tentativo di battere la fortuna nei giochi d'azzardo, cercando di sfruttare a proprio vantaggio le regole. Per esempio se in giochi come pari-dispari, testa-croce o rosso-nero si vince il doppio della posta quando esce ciò su cui si è puntato e si perde altrimenti, il trucco è raddoppiare ad ogni tiro la posta fino a quando si vince! Il sofisma sta nel fatto che per essere sicuri di vincere bisogna disporre di un capitale e un tempo infiniti.
Cita poi la storia del cappone, raccontata per far passare le notti durante l'epidemia di insonnia: gioco infinito, continuamente avvolto su se stesso, in un circolo vizioso che durava intere notti.
Poi il sogno delle stanze infinite di Josè Arcadio Buendia, che fluttua tra infinito limitato e infinito illimitato, geniale!

Infine, l'amore di Aureliano Josè per la zia Amaranta “andò in esilio, cercando la propria morte per farla morire (amo queste circonlocuzioni!), fino a quando sentì raccontare da qualcuno la vecchia storia dell'uomo che aveva sposato una zia che era anche sua cugina e il cui figlio finì per essere il proprio nonno”. Girandola di incroci parentali, dice Odifreddi, dissertando deliziosamente sulla materia, che necessita di una mente matematica.

I LIBRI DEL CUORE DEL GRUPPO LETTURA DI GAVIRATE
Ecco una lista con i libri del cuore del nostro gruppo lettura:

martedì 25 settembre 2018

Da Tolstoj a Kafka

Lev Tolstoj
La lettura di un classico come Anna Karenina è stata un'esperienza meravigliosa per quasi tutti i partecipanti al gruppo lettura; anzi per la precisione tutti meno uno. E, personalmente, anche il fatto che un capolavoro come il romanzo di Tolstoj possa comunque non piacere (nonostante l'unanime e indiscussa qualità), la trovo una caratteristica molto confortante dell'essere umano: ognuno ha i suoi gusti e niente può piacere a tutti. Cosi come niente può disgustare l'umanità intera e potremmo allora concludere che c'è sicuramente un posticino per ognuno di noi e per ogni genere di artista nel mondo!


Vi invito in ogni caso a leggere le quattordici definizioni di classico di Italo Calvino, qui ne cito solo una ma sono tutte ugualmente icastiche (le trovate in questo blog www.finzionimagazine.it):

Un classico è un libro che viene prima degli altri classici; ma chi ha letto prima gli altri e poi legge quello, riconosce subito il suo posto nella genealogia.

E ora devo farvi una premessa: dovete sapere che noi del gruppo lettura di Gavirate amiamo saltare da palo in frasca nella scelta delle letture; a noi piace molto non avere un unico tema, filo conduttore, genere letterario, contesto storico, culturale, geografico e così via che accomuni i libri da noi scelti.
Sono davvero pochi e, devo ammettere, anche soggettivi, i criteri che teniamo in considerazione:
1) scegliamo testi che consideriamo di una "certa qualità";
2) lasciamo le letture più consistenti per la lunga pausa estiva (i nostri adorati mattoni estivi come ad esempio "Anna Karenina", "I promessi sposi", "Il nome della rosa");
3) lasciamo la lettura più leggera e veloce possibile per l'impegnatissimo mese di dicembre.

Fonte: http://writingonboard.com/lets-talk-covers/

Per il prossimo incontro, abbiamo scelto un autore che da tempo ci gironzolava in testa: Franz Kafka con il "Il processo".
Franz Kafka
In attesa che arrivino le copie disponibili per il prestito (se siete interessati passate in biblioteca a Gavirate a ritirare una copia da leggere) ho pensato di avvicinarmi a questo grande scrittore iniziando dal saggio di Pietro Citati "Kafka". Ve ne riporto un estratto, con una bella descrizione dell'autore, il quale, guarda un po' che caso, alla fine viene proprio paragonato a Tolstoj. Vuoi vedere che, sotto sotto, anche le nostre letture sono unite da un legame sottile sottile come questo?!


Il Chiostro di Voltorre, Gavirate (VA)
Era un uomo alto, magro, esile, che portava in giro il suo lungo corpo come se l'avesse ricevuto in dono. Aveva l'impressione che non sarebbe mai cresciuto; e non avrebbe mai conosciuto il peso, la stabilità, l'orrore di quella che gli altri chiamano con gioia incomprensibile l' "età matura". Una volta confessò a Max Brod: "Io non vivrò mai l'età virile: da bambino diventerò subito un vecchio coi capelli bianchi." Tutti erano attratti dai suoi grandi occhi, che teneva molto aperti e talora spalancati e che in fotografia, colpiti dal lampo improvviso del magnesio, sembravano da spiritato o da visionario. Aveva le ciglia lunghe: le pupille vengono definite ora marroni, ora grige, ora blu-acciaio, ora semplicemente scure, mentre un passaporto assicura che erano "grigio-blu scure". Quando si guardava allo specchio trovava che i suoi sguardi erano "incredibilmente energici": ma gli altri non finivano di commentare e di interpretare i suoi occhi, come se soltanto essi offrissero una porta verso la sua anima. (...) qualcuno, che lo aveva molto amato inseguendo in mille modi il suo enigma, pensava che, come Tolstoj, egli sapesse una cosa di cui gli altri uomini non sanno nulla (...).






giovedì 6 settembre 2018

Gruppo lettura di Gavirate: prossimo incontro "Anna Karenina" di L. Tolstoj

Settembre è il mese nel quale, di solito, si riparte con le attività - alcune piacevoli, altre non proprio - che andranno a tempestare la nostra frenetica routine quotidiana.
Vorremmo non farci mancare nulla. Carichi dell'energia e dei buoni propositi delle vacanze appena terminate, siamo pronti per intraprendere qualcosa di nuovo. 
Come iniziare a partecipare ad uno dei nostri incontri ad esempio! Non avete nessun obbligo, potete anche non aver letto il libro del quale parliamo e raggiungerci in biblioteca solo per sentirne parlare, oppure partecipare all'incontro senza dover per forza esprimere una vostra opinione. Portate solo la vostra passione per la lettura, noi vi aspettiamo a libri aperti!


Fate girare la locandina perché il prossimo incontro è dedicato ad un capolavoro della letteratura mondiale: Anna Karenina di Lev Tolstoj. Se non vi ho ancora convinto del tutto, leggete questo bellissimo articolo di Alessandro Piperno che vi ingolosirà di sicuro, "Anna Karenina è senza scampo...". Eccone un estratto:

Il primo colpo di genio è iniziare la storia di un’eroina tragica di prima grandezza — degna di Medea, Didone o Fedra — con il piglio leggero di una commedia di Beaumarchais o di un film di Nora Ephron. Veniamo subito calati nei tormenti coniugali di Oblònskij: beccato dalla moglie in flagrante adulterio, cacciato dal talamo coniugale, è confinato da due giorni nel suo studio. Stiva (così lo chiamano in società) è l’amico che tutti vorremmo avere: piacente, buono e simpatico, un bon vivant dedito ai piaceri della mondanità, della gastronomia e del sesso. Considera suo diritto tradire l’amorevole Dolly, la moglie che, dopo cinque gravidanze, è invecchiata decisamente peggio di lui. Il suo solo cruccio è di non aver saputo ingannarla come al solito.
Per approfondire, potete leggere un precedente articolo del nostro blog: cliccate qui.
A presto!

domenica 26 agosto 2018

Il buio oltre la siepe, Harper Lee

Qualche giorno fa una cara amica mi ha chiesto di consigliarle un libro. Laura è una mamma che lavora a tempo pieno, ha due bellissimi bambini e davvero poco tempo per sé.

Quando qualcuno come lei mi domanda un "bel libro da leggere in vacanza" perché "...sai durante l'anno non ho mai il tempo di leggere...", io traduco questa esigenza in:
"Mi consigli un libro ben scritto, non troppo lungo e con una trama avvincente, perché se è vero che sono in vacanza e finalmente ho del tempo libero, è altrettanto vero che in vacanza non ci vado sola e la mia famiglia conta sulla mia presenza?!".

Ho pensato immediatamente a "Il buio oltre la siepe", primo romanzo dell'autrice statunitense Harper Lee, pubblicato nel 1960, ed unico libro dell'autrice fino al 2015, anno in cui venne pubblicato "Va', metti una sentinella", sequel del precedente. 



Riporto di seguito la trama del romanzo (fonte: https://www.lafeltrinelli.it/libri/harper-lee/buio-oltre-siepe/9788807881558): 

In una cittadina del "profondo" Sud degli Stati Uniti l'onesto avvocato Atticus Finch è incaricato della difesa d'ufficio di un "negro" accusato di violenza carnale; riuscirà a dimostrarne l'innocenza, ma l'uomo sarà ugualmente condannato a morte. La vicenda, che è solo l'episodio centrale del romanzo, è raccontata dalla piccola Scout, la figlia di Atticus, un Huckleberry in gonnella, che scandalizza le signore con un linguaggio non proprio ortodosso, testimone e protagonista di fatti che nella loro atrocità e violenza non riescono mai a essere più grandi di lei. Nel suo raccontare lieve e veloce, ironico e pietoso, rivive il mondo dell'infanzia che è un po' di tutti noi, con i suoi miti, le sue emozioni, le sue scoperte.

Un'immagine tratta dal film "Il  buio oltre la siepe" uscito nel 1962, due anni dopo l'uscita del libro di Harper Lee.

"Il buio oltre la siepe" rimane uno dei miei libri preferiti di sempre! 
La voce narrante di Scout, questa bimba maschiaccio pura e dalla forte personalità, mi ha letteralmente catturato e catapultato nelle sue avventure, proprio accanto a lei, ad osservare la realtà con il suo sguardo dissacrante che semplifica, con quell'abilità tipica dei bambini, le più complicate situazioni umane e ricorda al lettore che più di tutto nella vita contano gli affetti e il rispetto verso il prossimo: 
Atticus aveva ragione. Una volta aveva detto che non si conosce realmente un uomo se non ci si mette nei sui panni e non ci si va a spasso. 
Chi non vorrebbe un padre come Atticus Finch?! Un uomo coraggioso, senza pregiudizi che educa i figli a parole e soprattutto attraverso il buon esempio. 
"Pensa solo a tenere la testa alta e a essere un gentiluomo."
"Avere coraggio significa sapere di essere sconfitti prima ancora di cominciare, e cominciare egualmente e arrivare sino in fondo, qualsiasi cosa succeda. E’ raro vincere, in questi casi, ma qualche volta succede."
Dal libro trassero il bellissimo e omonimo film con protagonista Gregory Peck che gli valse l'Oscar come miglior attore protagonista (La pellicola conquistò in totale tre statuette, clicca qui se vuoi altri dettagli).
L'estate scorsa lo noleggiai in biblioteca, mi piacque molto. Lo trovai fedele al libro, lessi che la Lee seguì personalmente le riprese e divenne amica di Peck, che le ricordava moltissimo il padre, figura alla quale si era ispirata per il personaggio di Atticus Finch.

Per chi non lo sapesse, è davvero comodissimo utilizzare il sistema di interscambio bibliotecario per usufruire del noleggio di libri, dvd, audiolibri, ecc. Approfittatene!
Cliccate qui per accedere alla pagina del sistema opac di interscambio bibliotecario per tutte le biblioteche della provincia di Varese.
Cliccate qui per accedere alla pagina del sistema bibliotecario urbano di Varese.

mercoledì 15 agosto 2018

Un libro del cuore: Nascita di un ponte, Maylis de Kerangal

Per tutti noi italiani, la parola "ponte" è legata in questi tragici momenti (e credo lo sarà ancora per qualche tempo) al crollo del ponte Morandi a Genova. Scossa da questo evento drammatico, sento più forte che mai il desiderio di leggere il libro del cuore di Consuelo e condividere con voi, proprio in questi giorni, la sua recensione.


Un libro offre una lettura che trascende le singolarità, le riassume in una narrazione paradigmatica, offre la possibilità di una riflessione ricca di molteplici punti di vista, lontana da polemiche speciose. Ecco perché, proprio ora, è importante leggere questo libro. (Consuelo Farese)


"Nascita di un ponte" di Maylis de Kerangal (foto di Consuelo F. - luglio 2018)


TRAMA
Nella città immaginaria di Coca, sulla sponda di un fiume, ai margini della giungla e della storia, tutto comincia a cambiare con la costruzione di un ponte che la metterà in
relazione con lo spazio misterioso della foresta. Disegno titanico di un sindaco che vuole lasciare una traccia di sé, il ponte ci appare subito come un'opera grandiosa destinata a
determinare grandi cambiamenti nel segno del progresso.
Sarà così?
La storia segue non solo ciò che avviene nel luogo della costruzione ma anche le storie di chi vive nella regione, di chi vi detiene il potere e di coloro – i tecnici e i manovali – che arrivando da ogni dove faranno nascere il ponte e portano con sé la propria storia.
Come un potente magnete, il ponte attira a sé i destini incrociati di uomini e donne, posti di volta in volta al centro di una storia corale, o indagati nell'individualità di ciascuno.

PERCHÈ LEGGERE “NASCITA DI UN PONTE”
La vera protagonista di queste pagine, insieme al Ponte, è l’incredibile lingua che l'autrice plasma in compiuta sintonia con il “cosa” narrato. È una lingua “poietica”, in cui ogni elemento è necessario e non si avvertono sbavature, pleonasmi, incoerenze. Lingua capace, di nominare le cose della tecnica ingegneristica, dei materiali e delle macchine, e dei sentimenti.
Maylis de Kerangal tesse un canto epico, teso come i cavi che reggono l’audace struttura del ponte.

I LIBRI DEL CUORE DEL GRUPPO LETTURA DI GAVIRATE

Ecco una lista con i libri del cuore del nostro gruppo lettura:

venerdì 3 agosto 2018

Aforismi di Giuseppe Pontiggia in "Nati due volte"

Pontiggia aforista? Assolutamente sì! Marco Vergottini mi ha gentilmente inviato un elenco non esaustivo(!) di quarantotto aforismi da lui individuati all'interno di questo bel libro (Cliccate qui  per leggere il post dedicato a "Nati due volte").


1. Vedere un idiota angosciato è ancora più terribile che vederlo ilare 
2. Questi bambini nascono due volte… La seconda dipende da voi. 
3. Quanti dialoghi dovrebbero svolgersi in tempi diversi! 
4. In mezzo sta la virtù, dice Orazio, non la verità… La verità, per quanto riguarda gli uomini, è sempre diversa. 
5. Che la nevrosi attragga, intensifichi e soddisfi un’altra nevrosi è confermato dalla durata di molti matrimoni. 
6. Nel rispetto della disciplina, c’è una parola superflua ed è disciplina. Rispetto basterebbe. 
7. Ma la grammatica agisce più di quanto pensiamo su ciò che ci resta di oscuro nell'inconscio. 
8. – Tu pretendi i silenzio. – Certo, come un pianista. Io per suonare e gli altri per sentire. 
9. Cinico è un aggettivo che viene spesso riservato non a chi incarna un comportamento, ma a chi lo denuncia. 
10. Gli insegnanti più capaci neutralizzano l’indisciplina prodigando la propria passione didattica. Non sono la maggioranza… (p. Gli altri) alleggeriscono il carico. Pretendono sempre di meno e così ottengono sempre di più. 
11. Molti cosiddetti creativi hanno più interesse per la creazione che per il suo oggetto. 
12. È curioso che il concetto di maturità sia quello più invocato dalle persone immature. 
13. La famiglia si difende contro i nemici. Alimenta anzi la percezione del pericolo. Ma poi scopre il nemico in casa. 
14. Quasi tutte le ferite si rimarginano, ma nell'inconscio sanguinano tutta la vita. 
15. La vita ne sa di più di un teorema. 
16. Forse maturare è sostituire alla giustizia delle convinzioni l’ingiustizia della libertà. Anche se questa potrebbe essere l’introduzione a un manuale del criminale. 
17. Riluttiamo ad accettare, ingigantiti negli altri, i difetti che temiamo di avere. La differenza di scala congiura con il rimorso a renderli intollerabili. 
18. Questi stupratori di anime vengono talora scambiati per seduttori. 
19. L’intenzione, se non si trasforma in reato, non è mai una colpa. Ed è questo il minuscolo abisso che separa i due codici, penale e morale. 
20. Solo i dilettanti usano il verbo dilettarsi. Forse è giusto chiamarli così, visto che così si chiamano loro. 
21. Sui premi letterari sono d’obbligo le frasi di circostanza, come ai matrimoni e ai funerali. 
22. Nessun potente ha mai avuto tanti poteri come agli occhi di chi ne ignora i limiti. 
23. La persona che ci nega un favore la sera ce l’avrebbe magari concesso la mattina, se l’umore fosse stato diverso. 
24. Uno scrittore è chi è perennemente sensibile alle disgrazie del lessico. 
25. Un proverbio siciliano recita: quando un amico non sente a una prima voce, vuol dire che una seconda non gli piace. 
26. Il diverso ci fa sentire diversi … ed è questo che siamo disposti a perdonargli. 
27. Penso a quanti fanno passare i doveri per favori, la scuola vera è fatta di eccezioni, rare come i professori che si rimpiangono. 
28. Ammettere i propri errori è anche il primo alibi per ripeterli. 
29. La vecchiaia, ha detto una volta Trockij, è stato l’evento più imprevedibile che mi sia occorso dopo i quarantacinque anni. Che per un teorico della rivoluzione permanente non è una confessione da sottovalutare. 
30. C’è qualcosa di rituale e di ipnotico nei rimproveri familiari, compresi quelli coniugali, la certezza, attraverso l’insofferenza, della continuità. 
31. Io credo che la cultura sia il presentimento di quello che non si sa. 
32. È tipico degli egocentrici attribuirsi il primato non solo dei meriti, ma delle colpe. 
33. Volete fare qualcosa di più per i vostri figli? Fate qualcosa di meno. 
34. Ci sono offese più gravi che uno schiaffo. Basta lo sguardo, basta l’indifferenza. 
35. Il modo più sicuro per fare cambiare idea a una persona è di rassicurarla che non la sta cambiando. 
36. È sempre bene, quando vogliamo la solidarietà, inserire voci passive nei nostri bilanci. Gli altri ce ne saranno grati. E sappiamo che non ci vogliono così bene come quando non stiamo bene. 
37. È l’eccesso a tradire la menzogna, la verità non ama i superlativi. 
38. Forse preghiera e guarigione convergono, la preghiera è guarigione: non dal male, ma dalla disperazione. 
39. I poveri avranno il regno dei cieli, non è un cambio sfavorevole. La coesistenza dei contrari è l’accesso alla conoscenza e anche alla convivenza. 
40. L’uomo che accoglie può essere ‒ in altro tempo e in altro luogo ‒ l’uomo che respinge. Chi vive l’handicap questo lo conosce. E anche chi non lo vive. 
41. La rapidità, nei rimproveri, è un aspetto apprezzato. L’impopolarità delle prediche, in ogni campo, è dovuta, più che alla presenza di accuse, alla loro prolissità. 
42. Procedendo negli anni, c’è chi regredisce a inseguire una gioventù retrospettiva, i più euforici ci provano, i più stupidi ci riescono. 
43. Noi siamo abituati al male. Il male conferma la nostra superiorità o conforta la nostra debolezza. Ci è così familiare che il bene ci sconcerta e cerchiamo di ridurlo al male. 
44. Il bene apre le porte, non nasconde nulla, si apparta solamente per non farsi notare. Il male promette misteri, il bene è un mistero luminoso, una presenza inaccettabile. 
45. Sto esagerando? Solo le esagerazioni ci restituiscono, nella caricatura, l’immagine in cui riconosciamo l’originale. 
46. L’elogio del bene ha inquietato persino il sonno dei classici ed è stato l’incubo della loro veglia. 
47. Parlare del bene è imperdonabile. Infatti non me lo perdono. 
48. Coniugium, “tutti e due sotto lo stesso giogo”, è parola coniata dai latini, che in materia di gioghi, di coniugi e di autorità non mancavano di competenza.

Nati due volte, Giuseppe Pontiggia

Giuseppe Pontiggia
https://it.wikipedia.org/wiki/Giuseppe_Pontiggia
Che bel libro "Nati due volte" di Giuseppe Pontiggia! Grazie a chi lo aveva proposto come lettura al nostro gruppo di Gavirate (VA). Un autore come Pontiggia meriterebbe di essere più famoso.
In questo libro troverete tanta sostanza, molta ironia, una diffusa abilità di scrittura che rischia quasi di passare inosservata, talmente è velato l'impegno stilistico dell'autore che, come ogni vero artista di qualsiasi disciplina, fa apparire la propria arte così facile da realizzare, divertente ed accessibile a tutti. 

TRAMA
Il romanzo descrive il rapporto di un padre (Frigerio) con il figlio Paolo, affetto da tetraplegia spastica distonica. Il racconto si sviluppa dal momento della nascita di Paolo e copre un arco temporale di circa trent'anni. Il padre (voce narrante) descrive le varie tappe di un percorso di crescita che lo porta, insieme al figlio, ad affrontare una seconda nascita: non è solo il bambino disabile infatti che deve essere aiutato di nuovo a nascere, ma è anche il genitore ad aver bisogno di una rieducazione personale.
Alla fine il miraggio della normalità, si rivela un traguardo vuoto ed irraggiungibile.



La persona che ci nega un favore la sera ce l'avrebbe magari concesso la mattina, se l'umore fosse stato diverso. Nessuno ha mai potuto, né potrà mai, verificarlo. Ma sono quelle certezze ipotetiche cui dobbiamo le gioie per la nostra tempestività o le angosce per la sua mancanza. Per questo non posso sbagliare con mio suocero. Qual è il momento migliore per ottenere un favore?"Che tipo di favore?" mi chiede Franca."Editoriale.""Mai" dice."Bene" rispondo, rinfrancato dal viatico coniugale."Per chi sarebbe?""Per lo zoppo."Mi accorgo, con qualche disagio, di avere brutalmente ritorto contro di lui la minorazione di cui soffre. Di solito questo non accade a chi è coinvolto, direttamente o indirettamente, dall'handicap. Se qualcuno usa come epiteto spregiativo "spastico" o "mongoloide", si può essere certi che nessuno della sua famiglia lo è. Le disgrazie, fra i tanti effetti, ne hanno alcuni linguistici immediati, ci rendono sensibili al lessico interessato dal problema. 

Il romanzo è semi-autobiografico; lo scrittore, padre di un ragazzo disabile, afferma in un'intervista: “Sono presente in questo narratore non come io autobiografico ma come io ideale [...] Le cose che lui dice sono cose che io condivido, quasi sempre. Io ho attinto moltissimo dall'esperienza vissuta […] Molta è la parte inventata, modificata.”
Oltre al tema forte, colpisce l'abilità di scrittura di Pontiggia. In particolare:
- la leggerezza e l'umorismo con cui l'autore affronta la questione della disabilità ed altri argomenti fondamentali che attorno ad essa si sviluppano (come ad esempio la normalità, la socialità e la fede);
- il linguaggio essenziale, ricercato eppure coinvolgente;
- gli aforismi, che punteggiano ed illuminano con la loro chiarezza lo sviluppo della trama.
Che la nevrosi attragga, intensifichi e soddisfi un’altra nevrosi è confermato dalla durata di molti matrimoni. 
Nel rispetto della disciplina, c’è una parola superflua ed è disciplina. Rispetto basterebbe. 
Quasi tutte le ferite si rimarginano, ma nell'inconscio sanguinano tutta la vita.
Se siete interessati a leggere altri aforismi tratti da quest'opera cliccate qui

Per le sue qualità, "Nati due volte" penso sia un libro da consigliare a tutti, in particolare a chi è genitore. Una “seconda nascita” è un processo che ogni madre ed ogni padre dovrebbero affrontare, per accettare/vedere il proprio figlio così com'è senza volerlo trasformare o ridurlo ad una proiezione di un figlio perfetto.
L'autore stesso afferma che il momento di svolta nei confronti della disabilità del figlio si è verificato quando lui ha smesso di pensare a quello che mancava al figlio ed ha invece iniziato a concentrarsi su quello che il figlio aveva.

APPROFONDIMENTI
Nel 2004 esce per la collana I Meridiani Mondadori una raccolta di tutti i libri di Pontiggia (narrativa, saggistica, raccolte aforistiche): Opere - Giuseppe Pontiggia.
Di seguito, un breve estratto di un'intervista a Daniela Marcheschi, curatrice di questo meridiano:
“[...]Perché era uno scrittore che rifletteva sul senso dei generi e che lavorava sullo stile. […] È il caso per esempio del lavoro di Pontiggia sull'aforisma, cui dedica, tra l’altro, Il raggio d’ombra. Dopo averlo provato, Pontiggia ripropone l’aforisma nella narrativa, nell'ambito di un percorso unitario. Pontiggia è uno scrittore che conosce la tecnica e la sfrutta, giocando con la forma, come solo i grandi scrittori sanno fare.”
Per leggere l'intervista completa di Valeria Merola a Daniela Marcheschi nel sito Rai Cultura cliccate qui.
Sempre nel portale Rai Cultura, trovate questa intervista a Pontiggia: cliccate qui per ascoltarla.