Non mi basterebbero cent'anni di solitudine per leggere e rileggere tutti i libri che mi passano per la testa! Però questo capolavoro di Marquez prima o poi lo voglio davvero rileggere.
Me ne avevano parlato benissimo e con entusiasmo diverse persone. Ricordo di averne cominciato la lettura più volte (almeno cinque o sei); purtroppo ogni volta mi bloccavo. Capivo che non era il momento. Per fortuna a volte nella vita incontriamo libri, e persone, che hanno la pazienza ed il buon senso di attenderci fino a quando noi saremo pronti per loro. Con nostro stupore (e loro felicità!), un bel giorno i tempi arriveranno a maturazione. Ad esempio, in una giornata qualsiasi, mentre scorreremo i volumi della libreria di casa, ci imbatteremo nuovamente in quel titolo, soffermeremo i nostri occhi sulla copertina e ci chiederemo se il momento giusto sia arrivato. A quel punto leggeremo con attenzione l'incipit e... si! Quale gioia! Ci tufferemo con entusiasmo nella lettura di quelle pagine, come se per la prima volta qualcuno ce ne avesse mostrato la chiave di lettura o la sintonia giusta che stavamo aspettando.
Nel mio caso, quel momento con quest'opera straordinaria di Marquez avvenne più di vent'anni fa. Ricordo bene che mi piacque moltissimo, tanto che iniziai a leggere tutti gli altri libri dell'autore, ma non so dirvi molto a proposito. Mi affido piuttosto a Grazia che l'anno scorso lo portò a noi del gruppo lettura come suo libro del cuore.
Vi riporto il suo commento qui di seguito.
TRAMA (Trama tratta da: “La nuova Enciclopedia della letteratura” Garzanti Ed.)
"Cent'anni di solitudine" (1967) romanzo di G. Garcia Marquez è la storia centenaria della famiglia Buendía e della città di Macondo (luogo
immaginario della Colombia). In un intreccio di vicende favolose, secondo il
disegno premonitorio tracciato nelle pergamene di un indovino, Melquiades, si
compie il destino della città, dal momento della sua fondazione quasi mitica,
da parte del capostipite José Arcadio e della moglie Ursula, alla sua
momentanea e disordinata fortuna, quando i nordamericani vi impiantano una ricchissima
piantagione di banane, fino alla sua rovina e definitiva decadenza. La parabola
della famiglia segue la parabola di solitudine e di sconfitta che sta scritta
nel destino di Macondo, facendo perno sulle 32 guerre civili promosse e tutte
perdute dal colonnello Aureliano, padre di 17 figli illegittimi, per
descriverci in una successione paradossale le vicende e le morti dei vari
Buendía è riassunta, in forme allusive e fantastiche, di grande varietà
inventiva, la condizione di quasi inevitabile alienazione e abbandono di tutta
l’America latina.
In una lotta a morte tra un amore smisurato e una codardia invincibile, finalmente aveva trionfato il timore irrazionale che Amaranta aveva avuto sempre per il proprio tormentato cuore.
PERCHÉ
LEGGERE “CENT’ANNI DI SOLITUDINE"
Consiglio
“Cent'anni di solitudine” perché GGM, il mio affabulatore preferito, ogni volta
mi trasporta nel suo mondo surreale e pittoresco, affollato di bellezza,
bruttezza, splendore, orrore. È una
saga improbabile ma che ti porta il sapore di un mondo lontano nel tempo, nella
storia, nella leggenda, nell'amore, nella fisicità del tutto primordiale dei
protagonisti.
Poi
il Nobel gli è stato assegnato nel 1982, anno di nascita di uno dei miei figli.
Inoltre,
per caso, ho letto su Le scienze un articolo a rubrica "Il matematico
impertinente", di Piergiorgio Odifreddi, che riesce a raccordare il romanzo di
GGM proprio ad una materia intrinsecamente logica come la matematica!
Avvincente!
E
leggendo questo accostamento insolito mi sovviene un ricordo indelebile: una
lectio magistralis di Umberto Eco di dieci anni fa circa, alla facoltà di
matematica di Milano, a cui assistetti per caso grazie ad una figlia
universitaria, dove, con la consueta elegante ironia, il prof. Eco accostava la
storia alla matematica, dando prova della sua eccellente apertura mentale ad
ogni campo degli studi umani.
Nell'articolo
che ho citato prima “La matematica a Macondo”, il prof. Odifreddi definisce il
romanzo “la Bibbia del realismo magico sudamericano” e siccome, dice, contiene
di tutto, dovrebbe contenere anche la matematica.
Ecco
dove:
“Josè
Arcadio Buendia prese l'iniziativa e cercò di distruggere la fede del sacerdote
con martingale razionaliste”
“Josè
Arcadio Secondo divenne in pochi mesi così abile a inanellare martingale
teologiche da confondere persino il diavolo”
Dice
Odifreddi che nello spagnolo colloquiale martingala significa trucco o sofisma,
ma il termine introdotto in Francia nel 700 indicava il tentativo di battere la
fortuna nei giochi d'azzardo, cercando di sfruttare a proprio vantaggio le
regole. Per esempio se in giochi come pari-dispari, testa-croce o rosso-nero si
vince il doppio della posta quando esce ciò su cui si è puntato e si perde
altrimenti, il trucco è raddoppiare ad ogni tiro la posta fino a quando si
vince! Il sofisma sta nel fatto che per essere sicuri di vincere bisogna
disporre di un capitale e un tempo infiniti.
Cita
poi la storia del cappone, raccontata per far passare le notti durante
l'epidemia di insonnia: gioco infinito, continuamente avvolto su se stesso, in
un circolo vizioso che durava intere notti.
Poi
il sogno delle stanze infinite di Josè Arcadio Buendia, che fluttua tra
infinito limitato e infinito illimitato, geniale!
Infine,
l'amore di Aureliano Josè per la zia Amaranta “andò in esilio, cercando la
propria morte per farla morire (amo queste circonlocuzioni!), fino a quando
sentì raccontare da qualcuno la vecchia storia dell'uomo che aveva sposato una
zia che era anche sua cugina e il cui figlio finì per essere il proprio
nonno”. Girandola di incroci parentali,
dice Odifreddi, dissertando deliziosamente sulla materia, che necessita di una
mente matematica.
I LIBRI DEL CUORE DEL GRUPPO LETTURA DI GAVIRATE
Ecco una lista con i libri del cuore del nostro gruppo lettura:
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